Docta ignorantia

 

Il comico scoordina le strutture che regolano la vita normale. Dichiara guerra al buon senso usando i suoi stessi principi. Da presupposti stabiliti ricava conseguenze inimmaginabili. Un uomo può tranquillamente cadere dal quarto piano senza danni, una donna può essere assimilata a una scimmia, i muri possono essere attraversati. Tutto ciò provoca due risultati opposti. Da una parte la persona, comodamente seduta in poltrona, piò ridere delle innumerevoli disgrazie che gli potrebbero capitare, accrescendo la propria fede nella rappresentazione del mondo in cui quotidianamente vive; da un’altra parte, ma questo capita a pochi, potrebbe rendersi conto che la realtà è molto più complessa di come la si considera e che dobbiamo convivere con il caos.

 

Se non condividi le convinzioni della società in cui ti è capitato di nascere, devi starne ai margini pagando la tua estraneità con l’incomprensione e la solitudine. Ci sarà qualcuno che vorrà redimerti, ma nessuno che tenterà di comprenderti.

 

La docta ignorantia del duemila: nessuno degli scienziati può controllare l’interezza del sapere oggi prodotto.

 

L’epilogo di tutti gli spot pubblicitari: “e tutti consumarono felici e contenti”. Nel pensiero collettivo vale questa equazione: i beni vengono prodotti per essere consumati, consumando si raggiunge il benessere.

 

GIUSEPPE CONTE in Manuale di poesia, Parma, Guanda, 1995 sostiene che la poesia trae origine da un “disagio nei confronti del vivere e del morire” (p. 15), Ê lo stesso sentimento di sconcerto di fronte all’esistenza che ha generato le religioni (almeno una religione come il buddhismo). Non ci si sente a casa propria che impone assenso e comportamenti ciechi. Questo disagio viene censurato dalla società, che esige una incondizionata adesione alla vita e non ammette tentennamenti. Bisogna agire comunque seppellendo le proprie incertezze. L’ideologia, amplificata ormai dai mass media, spazza i dubbi dai cervelli che incolla dinnanzi agli schermi a metabolizzare vicende esemplari.  Si vive per indossare la camicia più bella, per evadere in una vacanza esotica. Non c’è tempo per pensare: tutto, a garanzia del bene collettivo, deve svolgersi secondo il piano previsto (non si sa bene da chi), non ci si può permettere di indugiare.

 

Neanche la morte è seria. Basta osservare un corteo funebre.

 

 

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