Gioco
Il gioco, in quanto attività deliberatamente senza
scopo, potrebbe essere l’antidoto alla prevaricazione della tecnica che ci
impone di realizzare i fini da lei predeterminati.
L’uomo vive di espedienti giornalieri, ma esige che i
suoi desideri mobilitino l’eternità.
L’uomo non può essere considerato una macchina,
complessa quanto si voglia, però riducibile a un meccanismo che si può
riprodurre in laboratorio, ma un organismo gettato nel mondo, di cui o e che
deve sempre preoccuparsi della propria sopravvivenza.
Per quel che concerne l’esperienza morale Ludovico
Geymonat ammette di “trovarsi di fronte a una datità, di cui [il razionalista]
non può enunciare alcuna prova controllabile” ( I sentimenti, Milano,
Rusconi, 1989, p.42). I campi del verificabile e del buono sono tra di loro
irriducibili. L’esistenza valutativa, che non può essere descritta con il
linguaggio delle scienze paradigmatiche, si oppone a quella empiricamente
valutabile. Fissare a priori un’etica che regoli i comportamenti di una
comunità è impossibile.
La tecnica costituisce una facilitazione della vita;
ma non sempre le facilitazioni si rivelano proficue.
In un mondo in cui prevale incontrastata la menzogna
la sincerità sarà sempre sconfitta e derisa. “l’unica forma efficace, di
reazione e di difesa alla falsità altrui, è la propria falsità altrui, è la
propria falsità. Occorre ingannare chi inganna”. (L: GEYMONAT, I Sentimenti,
cit., p. 81).
Conoscere se stessi è un’impresa improponibile perché
“la società è talmente penetrata di finzioni che spesso l’uomo educato da essa,
non sa essere sincero nemmeno nei suoi pensieri” ( IDEM, p. 97).
I film di azione presentano solitamente situazioni
catastrofiche in cui l’eroe, a lungo tartassato, riesce a prevalere all’ultimo istante
grazie a un evento imprevedibile. Il male trionfa in tre quarti della vicenda
per poi dissolversi nelle riprese conclusive. Non sarà il caso di parlare di
ottimismo a oltranza.
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