Verità

 Il nostro futuro viene anticipato dagli spot pubblicitari. Sarà il paradiso della scienza e della tecnica, in cui avremo, senza fatica prodotti su prodotti da consumare. Trascorreremo il nostro tempo spostandoci da un supermercato all’altro alla ricerca dell’offerta più vantaggiosa, seguiremo i consigli di economisti, sociologi e psicologi, incaricati di sovrintendere alla felicità generale. Non mancheremo di seguire almeno un telegiornale al giorno per soddisfare la nostra curiosità mondana, indignarci per le cattive notizie, rallegrarci per quelle buone.

 

La società quanto più è massificata, tanto più ha bisogno di eroi da osannare. Li cerca tra attori, cantanti, campioni sportivi, adesso anche tra gli industriali rampanti e i politici spregiudicati. Li fa (s)parlare di qualsiasi argomento: dal sapone da barba alle massime questioni escatologiche. I loro volti circolano impressi su magliette e cappellini.

 

Nelle sempre più numerose parusie del potere i governanti non tralasciano mai di dichiararsi al servizio dei governati. Ogni volta proclamano di impegnarsi per il benessere e lo sviluppo della società e di tutti i suoi componenti dichiarando di essere ottimisti sul risultato dei propri sforzi. Eppure il cittadino non si ritiene soddisfatto: mugugna davanti al microfono dei giornalisti, riempie le piazze per manifestare una confusa protesta, accarezza la coperta dell’utopia. Gli uomini che ha eletto a rappresentarlo dopo un paio di mesi rotolano nel dileggio. Benché si finge di non vederlo è sempre più marcato il divario tra i politici, che promettono tutto a tutti, e i cittadini che li eleggono delegandoli a favorire i propri interessi. Evidentemente c’è qualcosa che non va nel rapporto tra rappresentanti e rappresentati. Le attuali istituzioni non sono capaci di governare la società, però rimangono al loro posto perché non si riesce a immaginare chi possa sostituirle.

 

Gli utopisti giocano con la tattica di un eterno rinvio, una promessa/speranza di felicità coniugata al futuro più o meno remoto.

 

Nella società della comunicazione illimitata tutto diventa spettacolo e dove si impone lo spettacolo spuntano il giornalista e la pubblicità, che vuole vendere tutti i prodotti dell’industria.

 

Predicano l’uguaglianza mentre ognuno si affanna a distinguersi dagli altri.

 

 

 

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