Consuma(t)tori

 Il capitalismo tende a distribuire gli oggetti che produce al maggior numero possibile di persone allargando la quantità dei consumatori. Se in un primo momento i ritrovati di una tecnologia all’avanguardia sembrano appartenere ad una élite, nel giro di qualche anno i prezzi si abbassano e si amplia il numero dei fruitori. Così è accaduto per l’automobile e per la televisione, che oramai dimorano in più di un esemplare in ogni casa. Lo stesso è capitato con il computer, che, dopo aver .conquistato le più disparate aziende, si è insinuato in quasi tutte le famiglie e oramai regola i rapporti tra pubblica amministrazione e privati. Però c’è un inconveniente, di cui i fan del terzo millennio non tengono conto. I beni prodotti, una volta che si siano diffusi tra tutti i ceti, perdono di pregio. La televisione e gli altri elettrodomestici diventano una normale appendice dei nostri sensi; l’automobile si trasforma in una protesi delle nostre gambe; il computer promette che terrà in letargo il nostro cervello. Che fare dei beni che si sono deprezzati? Gettarli via non è possibile perché anche se il loro possesso diviene insignificante, la loro mancanza implica un esilio dalla società. Chi può vivere senza automobile in un’esistenza regolata da frenetici spostamenti? Chi può privarsi della televisione senza rimanere all’oscuro delle notizie necessarie per la vita spicciola? Per di più se la maggioranza rinunciasse ai prodotti di largo consumo la società imploderebbe dal momento che non potrebbe smerciare, vale a dire smaltire ciò che produce.

 

La pubblicità ti induce subdolamente a compiere quelle azioni che non avresti eseguito di tua iniziativa: acquistare quel prodotto fino a quel momento sconosciuto, votare per quel candidato di cui ignoravi perfino l’esistenza. Abbatte l’indifferenza nei confronti della politica e ti incita a considerare il mondo come una cosa seria, approva e disapprova i tuoi comportamenti secondo regole prefissate. È come la forza di gravità, che noi on percepiamo, ma ci consente di camminare eretti sul suolo e di non nuotare sollevati nell’aria. Grazie alla pubblicità la vita procede senza ostacoli verso un fine a tutti comune: consumare la maggior quantità possibile dei beni prodotti dall’industria della felicità generale, essere pienamente soddisfatti dell’esistenza malgrado l’ossessivo ripetersi di “piccoli inconvenienti”.

 

Secondo Cacciari tra i bisogni dell’uomo ci sarebbe quello di riconoscersi individuo pensante e libero. Questa esigenza viene sistematicamente infranta dalla civiltà di massa, che preferisce avere membri anonimi e docili ai suoi richiami.

 

In genere gli uomini di mondo parlano molto sia con i conoscenti sia con gli estranei, ma non fanno che ripetere discorsi banali.

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