Casualità
Nella nostra vita scorgiamo la prevalenza del caso. Le minime contingenze provocano conseguenze funeste. In ogni istante siamo vulnerabili e ci proteggiamo con corazze di cartapesta.
Come tutti sono venuto al mondo a mia insaputa.
Trascorsi i "migliori anni della loro vita" (ma sono stati davvero i migliori?), gli amici quando, per caso, si incontrano, si parlano come reduci di una guerra perduta.
Per tutti i progressisti il presente è il tempo della transizione, del sistematico rinvio verso un assoluto altrove.
La politica contamina anche i chiarissimi professori. Si trasformano subito in pifferai; smarriscono le proprie competenze e si impegnano in una mediazione permanente.
L'intellettuale si vergogna (o finge di vergognarsi) di appartenere all'élite e in ogni conferenza condanna la concezione elitaria della cultura.
Il filosofo mediatico fornisce al vasto pubblico indicazioni sull'ordine del mondo.
La gente esce a fiotti dalla stazione, si rovescia sui marciapiedi tutte le mattine, con la determinazione cieca di continuare a vivere comunque, adagiati nell'abitudine di giornate senza sole.
La meditazione praticata assiduamente amplifica i confini della coscienza, ma rende difficile vivere nel conformismo sociale.
I necrologi suonano come strumenti scordati nel vano tentativo di enfatizzare le qualità del defunto. Ogni esistenza si conclude incompiuta.
Chi abbraccia la religione laica (e non si rende conto dell'ossimoro) assume la società come un fine assoluto.
L'innamoramento, il gioco, l'arte: casi limite in cui si smette di sentirsi mediocri, in preda al caso, mortali.
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