Riflessioni inattuali
Dall'infallibilità della fede e/o della ragione si attende una felicità in differita.
Nonostante la perenne crisi che lo accompagna. nessuno sa (osa?) immaginare una fuoriuscita dal capitalismo. La maggioranza si adatta cercando di limitare i danni e illudendosi che un giorno tutto possa cambiare, magari per miracolo. Una minoranza ne approfitta cercando di accumulare ricchezza e privilegi.
Malgrado le istituzioni, che proclamano i loro dogmi sui diritti e i doveri dell'esistenza, nei singoli casi della vita siamo assoluti autodidatti.
I patrocinatori dell'ottimismo organizzano festival della felicità e inducono le maggioranze a scommettere i loro pochi averi sul futuro.
Il capitalismo ha elaborato la mitologia di uno sviluppo armonioso e illimitato dell'economia mondiale.
Il giovane dovrebbe divertirsi: godere il presente e nello stesso tempo allenarsi per il futuro, flirtare e cercare il partito adatto per il matrimonio.
Le masse sanno soltanto adorare il leader, l'eroe mediatico che conquista la loro fiducia con promesse non verificabili, incanta la platea con le sue doti di clown ed equilibrista.
La vita è una continua perdita, un'implacabile demolizione di una macchina che non si rassegna ad essere rottamata.
Il pensiero critico problematizza l'evidenza di ciò che l'opinione pubblica dà per scontato, si insinua nelle crepe dell'ovvietà che prima o poi faranno crollare il sistema.
Il successo dipende dalla capacità di sapersi esporre alla curiosità del mondo.
Oggi le masse vogliono godere gli stessi privilegi delle élite, che le accontentano con simulacri diffusi dai mass-media. Si tratta di un inganno a cui quasi tutti gli pseudo-intellettuali concorrono. Ma un privilegio quando viene esteso universalmente, cessa di essere tale.
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