Frecce
La caccia al futuro, per cui si armano politici e sociologi, promettendo alle masse una prassi salvifica, è destinata per sua natura a fallire, perché si basa sulla presunta irruzione dell'Assoluto nel Finito.
Da quando sono entrato nelle aule del liceo a ora che devo mettere gli occhiali da presbite ho sempre sentito affermare: "bisogna aspettare il futuro, adesso siamo in un periodo di transizione". Mi è venuta la certezza che nella società moderna la transizione sia permanente.
Quando le ciminiere e le sirene delle fabbriche richiamavano un progresso ritenuto ineluttabile, l'operaio rappresentava l'archetipo dell'homo faber .
Le mappe del progresso, disegnate per quasi tre secoli conducevano a un vicolo cieco.
Ogni giorno esamino il bilancio fallimentare della mia esistenza chiedendomi: "avrei potuto propormi come modello di comportamento per un figlio"?
L'attuale società assomiglia a un uomo che, cadendo dal ventesimo piano di un grattacielo, si rallegra perché ha superato incolume il diciottesimo piano.
L'apparato ci ha imprigionati in una gabbia che ci trascina nella deriva tecnologica.
I Sessantotto ha lasciato in eredità alle manifestazioni di piazza le proprie coreografie, che da minaccia di un'imminente rivoluzione, si sono trasformate nella sua parodia.
I sessantottini non non apprezzavano affatto il talento, anzi hanno fatto di tutto per affossarlo e sterilizzarlo. I più dotati dovevano confondersi nella massa, applaudire i tribuni che, strepitando con la voce più alta, si erano autoinvestiti a guide del proletariato.
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