Uniformità

 

I mass media impongono l’uniformità. Suggeriscono a tutti  come vestirsi, che cosa mangiare, come trascorrere il tempo libero, che cosa pensare. In tal modo l’industria che produce  in serie può essere fiduciosa di smaltire le proprie merci. Ma in questa maniera non si svilisce la vita  rapportandola al valore di una merce?

 

Oramai il nostro destino è segnato.  Dobbiamo produrre per consumare e consumare per produrre.

 

Che cosa sappiamo di noi? L nostra nascita è per noi un mistero, la mostra morte  è una sua ineluttabile conseguenza. Tra questi due estremi ci impegniamo a ricercare un senso che giustifichi la nostra esistenza, Ma, data l’ignoranza delle nostre origini, non vedo che cosa dovremmo aspettarci  per la nostra sorte.

 

Cercare l’incondizionato? Prima bisognerebbe accertarsi che i nostri organi e le nostre facoltà siano in grado di conoscerlo. Tutte le nostre cognizioni sono condizionate ( non esiste una vertà “pura” che rispecchi nella nostra ragione “pura”). La nostra stessa esistenza è condizionata: nessuno di noi ha scelto se, come e quando venire al mondo. Mano a mano che apprendiamo una lingua veniamo immersi in una “tradizione” che influenzerà i nostri pensieri e i nostri comportamenti. Siamo inclusi in un sistema la cui razionalità ci sfugge sempre. Forse vogliamo cercare l’incondizionato perché vogliamo essere rassicurati sulla nostra esistenza. Se il Tutto, di cui siamo parte, ha un senso, anche la nostra vita, per quanto possa essere incerta, acquista un significato. Questa ricerca è indizio di debolezza o di forza? L’uomo innalzato alle stelle è peggiore o migliore dell’uomo esiliato sulla terra? La contraddizione del suo essere nel mondo lo esalta o lo umilia?

 

Della mia esistenza non è possibile fornire una spiegazione “scientifica”.  Perché sono nato nel 1955 e non nel 1975? Perché in Italia e non in Norvegia?  Gli eventi che finora mi sono capitati a chi li devo attribuire: al caso o alla necessità?  Le persone che mi stanno attorno le ho incontrate fortuitamente o le ho scelte deliberatamente? Tutte domande a cui la scienza non sa rispondere, ma dalle quali dipendono le sorti della nostra vita.

 

Secondo Helvétius una buona pedagogia e riforme sociali sistematiche avrebbero condotto l’umanità al miglioramento e permesso l’instaurazione della felicità diffusa. (Cfr. PAOLO CASINI, Scienza, utopia e progresso. Profilo dell’illuminismo, Roma-Bari, Laterza, 1994, p. 35). Grosso modo è quello che si sono proposti i riformisti nel corso del Novecento fallendo sistematicamente i loro obiettivi. L’utilitarismo non fornisce un senso alla vita, il benessere non si identifica con la felicità.

 

La storia ha forse esaurito le sue carte? Viviamo in uno stallo ideologico?  “… i poteri mondani continuano spudorati a ripetere auspici e progetti già troppe volte smentite dai fatti” ( SERGIO QUINZIO,  Mysterium iniquitatis, Milano, Adelphi, 1995, p. 63).

 

Una trasmissione televisiva a cui partecipavano insigni biologi, interrogati sulla clonazione da giornalisti e dal pubblico, che formulava le sue domande per telefono, si è trasformata in un’antropomorfizzazione della scienza. Non si parlava un linguaggio “oggettivo”, esplicato “more geometrico”, bensì un linguaggio “onirico”, in cui si incrociavano i timori per l’obsolescenza dell’umanità, manipolata nei laboratori, e le promesse di incredibili opportunità da parte degli esperti.

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