Industria
Nella società industriale tutto è in vendita. Si
produce per consumare e si compra al di sopra dei propri bisogni, ammaliati
dalle sirene della pubblicità. Gli “sconti eccezionali”, le offerte speciali
(prendi tre e paghi due) riescono a imporre un ossimoro alla coscienza, la
convinzione che più si spende più si risparmia.
Coloro che si appellano all’umanità hanno un concetto
troppo elevato dell’essere umano. La sua esistenza si regge sull’invidia, la
menzogna, la prevaricazione sul più debole, l’ossequio verso il più forte. E
questi comportamenti non regolano solo la guerra o una associazione a
delinquere, ma la stessa vita quotidiana: i rapporti tra moglie e marito, tra
padre e figlio, tra colleghi di lavoro. D’altra parte la ragione non è un
riflettore che illumina la realtà, ma una flebile candela che si usa per non
inciampare.
La nostra vita è talmente banale, sciatta, le nostre
azioni sono talmente inutili, prevedibili che ascriverle all’onnipotenza di un
Dio sembrerebbe una bestemmia. La realtà parrebbe piuttosto essere una
secrezione della statistica.
Per l’uomo moderno, e in particolare per il
giornalista, l’attualità ha sempre ragione.
Creando una pagina su un social network credono di
diventare imprenditori di se stessi. L’inconveniente è che hanno un esiguo
capitale da investire.
Gli stati attuali hanno bisogno più che mai di una
metafisica per tenere sotto controllo le menti dei governati. Non essendo più
disponibili sistemi filosofici rassicuranti, si è affidato l’incarico alla
scienza che ci farà immergere nella televisione totalizzante, onnipervasiva. La
realtà sarà solamente ciò che avviene sul teleschermo.
Non avranno mai pensieri quelli che si sforzano di
pensare all’unisono con tutti,
specchiarsi nell’opinione pubblica.
Non si può scrivere un telegramma di condoglianze
senza infilare un rosario di eufemismi.
La cultura trattata da un giornalista si riduce in
un’accozzaglia di aneddoti.
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