TuttTutto è razionale
Nella ritualizzazione dei gesti la responsabilità
delle azioni a fantasmi impersonali. Nell’anonimia collettiva tutto diventa
lecito.
I giovani credono di aver diritto all’incoscienza,
all’illusione di realizzare l’impossibile.
La razionalità tanto conclamata dalla modernità regola
forse la vita di tutti i giorni? Ê razionale il mondo che quotidianamente si
riflette nel teleschermo? Le istituzioni
hanno un fine che non sia quello di autocelebrarsi e perpetuarsi il più a lungo
possibile? Quale spiegazione ha il comportamento di un cittadino “normale”?
A un certo punto la civiltà occidentale si è convinta
che l’avanzare coincida con il migliorare. Questa presunzione che è già stata
irrisa dal Leopardi (Zibaldone, p. 353), persiste nelle promesse della
tecnologia e regola la vita del mondo globalizzato. Siamo una freccia lanciata
verso il futuro, indirizzata a cogliere un bersaglio che sistematicamente si
allontana.
Non bisogna educare.
L’unica cosa da trasmettere è insegnare ad apprendere. Altrimenti si creano ciechi
burattini animati da un’ideologia. “Chi è privo di speranza, è anche privo di
insegnamento: solo l’ottimista ha delle dottrine” (F: SAVATER, Cioran. Un
angelo sterminatore, s.l., Frassinelli, 1998, p. 4).
L’ideologia non tollera
l’ironia, perché vuole apparire indubitabile e non ammette l’esistenza di idee
antitetiche.
Il “mondo nuovo”, tanto
agognato dagli utopisti, è destinato a diventare “vecchio” in tempi sempre più
brevi a causa dell’accelerazione impressa alla società dalla tecnica.
Considerare la cultura
come strumento per lo sviluppo significa affermare il primato dell’economia,
allineandosi a principi comuni sia al capitalismo che al marxismo. Tutti devono
essere produttivi, tutto deve procurare un guadagno misurabile. Ê necessario
che ogni cosa sia trasformata in oro dall’astuzia del manager. Da questo dogma
derivano i fasti della politica, unico meccanismo capace, almeno in parte, di
amministrare un sistema complesso, che ci rinchiude in una stretta gabbia.
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