Persistenza

 Può un eroe svestire i panni da protagonista, trascorrere un tranquillo pensionamento accanto il focolare senza smentire se stesso?  Può l’amore, che è un’esperienza eccezionale, sopravvivere alla mediocrità della vita di tutti i giorni convissuti gomito a gomito senz’altro scopo che condividere una cieca anonimia?

 

Se non esiste una verità “assoluta” che la ragione possa afferrare scrostando mano a mano i pregiudizi; se l’esistenza non si fonda su certezze incrollabili, ma su presupposti ingannevoli, chi se non una tradizione può introdurci nella comunità in cui siamo causalmente precipitati?  Senza la memoria degli avvenimenti trascorsi cosa sarebbe la nostra coscienza? Privi di un sistema  di abitudini acquisite come potremmo sopravvivere in un ambiente ostile? Custode della tradizione è il linguaggio che presenta alcune caratteristiche essenziali: è comune a tutti i membri di un determinato gruppo; lo si apprende inconsapevolmente, vale a dire in modo del tutto diverso da quelli con cui acquisiamo le altre nozioni; nonostante l’uso di neologismi è radicato nel fondo della nostra storia (le parole più usate sono di antica data.

 

 

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Per il credente di qualsiasi fede la Verità deve essere eterna. Le sue mutazioni, l’incertezza dei suoi asserti dipenderebbero soltanto dalle carenze dei nostri mezzi di conoscenza, che , però, con il tempo sarebbero destinati a migliorare. A una  mente onnisciente la Verità sarebbe infallibile perché si specchierebbe ininterrottamente in essa.

 

Il gioco è sempre gratuito e distaccato dalla realtà ordinaria. “Il gioco dunque non è né utile né produttivo, anzi in generale si manifesta come un’attività in ‘pura perdita’”. (PIER ALDO ROVATTI, Prefazione a ROGER CAILLOIS, I giochi e gli uomini, Milano, Bompiani, 1995, p. IX).  Impegnarsi in un’attività improduttiva, mentre la società di massa misura ogni comportamento con il metro del profitto, che vuole impegnare anche l’anima dei suoi appartenenti in un tam tam  della sua ideologia, non è forse l’unico tentativo per rivendicare la propria libertà?

 

Non si creda che pensare sia facile. Le prime idee che capitano in testa derivano da una tradizione ereditata che abbiamo assunto automaticamente. Per liberarsene, o almeno “metterla tra parentesi” dobbiamo sottoporre a critica le nostre convinzioni più radicate e questo non avviene senza mettere di continuo in discussione se stessi.

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