I massimi problemi

 Durante le calde sere d’estate, dopo una rituale cene tra amici, le parole immancabilmente scivolano sui massimi problemi del mondo. A questo punto il tono delle voci si innalza e ognuno interpreta il ruolo del primo ministro, del segretario del partito all’opposizione, dell’intellettuale sollecito per le sorti del paese. Parlano  riutilizzando le frasi dei giornali, dei telegiornali e dei talk-show. Dibattono, si accalorano come se non fossero le balbettanti comparse di una storia confusa, ma i protagonisti delle vicende mondiali. Una loro parola, un loro gesto sembra che potrebbero mutare il corso degli eventi, vestire a festa le loro illusioni replicate..  La vita di tutti i giorni fornisce, con una certa frequenza, la convinzione di contare qualcosa .sulla scena dissestata del mondo. Sembra bastare un’accesa chiacchierata con gli amici a cancellare i detriti di un’esistenza che non ci appartiene.

 

È preferibile essere produttori o custodi dell’informazione?  I primi abbondano di parole e promettono continuamente di distribuire meravigliosi tesori; i secondi vivono appartati e tentano di prolungare la memoria di tutto ciò che è destinato a perire.

 

Se qualsiasi conoscenza implica interpretazione, non può esistere una verità assoluta, valida per tutti e in tutti i tempi, un modello inalterabile su cui adeguare i nostri comportamenti. Esistono diversi gradi di verità sui quali i protagonisti del discorso, consciamente o inconsciamente si accordano. Il nostro sapere non è mai definitivo: muta come cambiano il contesto in cui veniamo a trovarci, le persone che ci circondano, i libri che leggiamo, gli avvenimenti a cui partecipiamo.. Chi si appella ad “antiche” certezze rimpiange la univocità, la semplicità del dogma, quando agire non comportava problemi essendo sufficiente imitare i modelli prefissati. È a questo tipo di vita che cerca di invogliarci la pubblicità con i suoi spot pieni di banali convinzioni.

 

La tecnologia è presa da una smania per la velocità senza essere capace di individuare alcuna meta. Le macchine dopo un tempo sempre più breve dalla loro costruzione devono essere rottamate. La riflessione invece richiede costanza e lentezza.

 

I partiti hanno incominciato a divenire enciclopedici. Cercano di trovare una risposta a tutti i dilemmi esistenziali, sicuri di risolverli nell’arco di una legislatura.

 

In un mondo perfetto non esisterebbe la carità. Ognuno avrebbe a disposizione i mezzi per assicurarsi la propria felicità, che non dipenderebbe dalla buona volontà altrui.

 

Ormai non si tratta più di raggiungere una meta. Siamo sempre sul piede di partenza.

 

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