Resa dei conti

 Riassumere in un'autobiografia significa inserire le proprie esperienze in una trama di senso, dimostrare di non essere stato succube degli degli eventi. Ma. oggi come oggi, chi può provare di non essere il risultato di un collage di eventi banali? Chi ha raggiunto il successo lo deve alle sue doti di saltimbanco e raccoglie gli applausi da un pubblico che in fondo disprezza. Chi ha guadagnato il potere ha per lo più camminato su quattro zampe approfittando del naturale servilismo delle maggioranze e ogni giorno è costretto s difendersi da avversari sleali. Chi è rimasto intrappolato nella rete della quotidianità si rammarica di non esserne uscito, di essere stato un anonimo consumatore di beni, un trastullo della storia universale. Presto o tardi sparirà dal mondo e rimarranno, chiuse in un qualche archivio, le tracce della sua disfatta.


Chi sale nella gerarchia sociale, chi gestisce anche il minimo spicchio di un potere inconcludente e ottuso, non lo fa  per meriti particolari, ma per una congenita propensione al compromesso. Solo con la sottomissione ai mediocri si può fare carriera


Verso i trent'anni ci si tuffa nel compromesso essenziale: cercare un partner qualunque e sposarsi perché  ciò è tutto quanto gli altri si attendono.


Le vestali del mito progressista coniugano crisi con opportunità, come se da un disordine potesse generarsi miracolosamente un nuovo ordine, come se un naufragio potesse essere convertito in una gita turistica.


Le folle che si aggregano casualmente nelle gite programmate dalle agenzie non saprebbero come vaccinarsi dalla noia se non intervenisse l'animatore turistico.


Tutte le lodi ci lusingano, anche se sappiamo di non averle meritate.


La pratica del dubbio dovrebbe funzionare da antidoto alla civiltà della comunicazione illimitata dove in ogni messaggio si insinua la sirena del consenso.

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